Con enorme piacere ho avuto l’opportunità di assistere alla conferenza del Dr. Domenico Corda svoltasi in data 04/07/2015 in Assago, dal titolo“Flebolinfedema, linfedema e riabilitazione: un progetto individuale dalla diagnosi al tutore elastocontenitivo” e colgo l’occasione per testimoniare l’importanza del congresso, specie per noi malati di linfedema, perchè utile al fine di comprendere nel dettaglio le dinamiche della malattia dagli albori, nonché la sua evoluzione, per poi concludere sui trattamenti curativi idonei al mantenimento salutare della malattia.
Decisamente interessante è stato l’incipit del congresso, un vero e proprio “ viaggio” introspettivo nel corpo umano, in particolare l’analisi dell’anatomia del sistema linfatico e quindi, rispondendo ad uno dei quesiti fondamentali per la diagnosi della malattia: cosa sta alla base di tutto? Cos’è la linfa?
Uno studio dettagliato, riportato con l’ausilio di video-immagini tridimensionali che permettevano con chiarezza di comprendere il contenuto del discorso apparentemente solo tecnico.
All’origine è stato spiegato il cosiddetto “liquido interstiziale”, ovverosia una soluzione acquosa tra le cellule e i capillari costituita da sostanze provenienti dal sangue cui si aggiungono sostanze prodotte dalle cellule. Alcune di queste sostanze, come le proteine, vengono drenate nei vasi linfatici con la linfa che risulta composta dall’80% di acqua.
La linfa inoltre, non è dotata di un cuore pulsante per il trasporto, bensì di “piccoli cuori”, chiamati linfangioni, che contraendosi pompano la linfa sempre in una sola direzione grazie alle loro valvole unidirezionali, consentendone quindi il raggiungimento dei linfonodi , piccole ghiandole che hanno la funzione di ripulire la linfa da batteri e corpi estranei prima che la stessa linfa possa rimettersi in circolo nel sistema venoso.
Nello stadio di “purificazione” e studio della linfa svolto nei linfonodi, rivestono un ruolo centrale i linfociti , cellule che rappresentano il cervello delle difese immunitarie e che vengono attivate nei linfonodi e trasportate dai vasi linfatici fino al sangue.
E già per il trasporto linfatico possono aversi alcune anomalie: un esempio è dato dalle possibili infiammazioni a carico dei linfonodi dovute ad eventuali attacchi batterici oppure ai traumi del sistema linfatico. Il linfonodo indebolito rallenta il drenaggio linfatico fino a determinare stasi linfatica. In questo caso, la formazione dell’edema è da associarsi ad un ostruzione linfatica, pertanto, il liquido interstiziale non riesce ad essere drenato nei vasi linfatici stazionando in eccesso sul tessuto, ciò genera il linfedema.
Ma l’edema può scaturire anche a seguito di ostruzioni venose, una alterazione del flusso venoso può incrementare quello linfatico, e qualora il carico linfatico (CL) supera la capacità di trasporto massimale (CTMax) della linfa si manifesta il flebolinfedema, ad esempio per una eventuale trombosi venosa.
Successivamente alla descrizione anatomica e alla fisiopatologia del sistema linfatico, è stato chiarito il rapporto tra linfedema e lipedema, per comprendere con quali differenze si manifestano le due malattie, spesso confuse tra loro. Se da una parte il linfedema, pur bilaterale, generalmente è asimmetrico, con presenza di Stemmer e fovea ,positivi, dall’altra il lipedema si presenta quasi sempre simmetrico con assenza dei segni di Stemmer e della fovea.
Si stimano 300 milioni di casi nel mondo di linfedema; nel 2002 in Germania sono stati riscontrati 4 milioni di casi tra linfedemi e lipedemi. Per affrontare tale problema l’International Society of Lymphology ha stilato nel consensum document due fasi di trattamento terapeutico da poter effettuare per affrontare la malattia. Si tratta della “fisioterapia decongestiva combinata” che consiste in una prima fase (CDP1) nella cura della cute, in un leggero massaggio manuale e in un programma di esercizi in genere eseguiti in associazione con un bendaggio compressivo multistrato. Segue una seconda fase (CDP2) che ha come obiettivo l’ottimizzazione e la conservazione dei risultati ottenuti con la fase 1.
Parlando proprio di trattamento decongestivo, è stato sorprendente notare attraverso le immagini-testimonianze di pazienti dello stesso Dr. Corda casi di elefantiasi, alcune con presenza di ulcere, che a seguito dell’uso costante ed esclusivo del bendaggio compressivo multistrato accompagnato eventualmente dal drenaggio linfatico manuale, ha riportato alla luce una condizione quasi di “normalità” dell’arto, tale da consentire al paziente di svolgere le normali attività motorie quotidiane.
Da questi casi drammatici risulta evidente la complessità della malattia che troppo spesso viene sottovalutata.
Mi ha colpito particolarmente un riferimento che lo stesso Dr. Corda ha fatto citando una massima di R. Cluzan “il linfedema genera nel tempo una disabilità crescente e rappresenta sicuramente un’urgenza, almeno fisioterapica”.
L’ultima sessione del congresso è stata dedicata alla cura delle calze terapeutiche e alla fine di una intensa spiegazione, sull’uso e la scelta della calza, è stato determinante l’intervento della Dott.ssa Elisa Contini.
Il tutore elastocontenitivo rappresenta l’unico supporto medico in grado di poter garantire un mantenimento dell’arto decongestionato. Tuttavia al fine di una buona riuscita è necessario apportare alcuni accorgimenti che sono rivolti innanzitutto al medico, nelle sue vesti da magister in materia e guida all’assistito, che deve infatti istruire il suo paziente nella giusta cura del tutore elastocontenitivo.
Per prima cosa è necessario comprendere la differenza della trama del tutore che può essere circolare (indicata principalmente per il trattamento di malattie venose in quanto si tratta di un tessuto morbido) o piatta che, al tatto forte e robusta, in realtà permette una maggiore traspirazione rispetto alla sua concorrente trama circolare. Ed è proprio per la sua consistenza particolare, che la trama piatta viene consigliata per la cura di linfedemi e lipedemi. La ratio è chiaramente evidente in quanto si tratta di un tutore elastocontenitivo più resistente rispetto al tutore compressivo circolare e che, quindi, esercita una contenzione costante sull’arto. Tale tutore viene adattato precisamente alle dimensioni della parte del corpo da trattare e, quindi, viene prodotto su misura, caratterizzandosi per la sua perfetta aderenza e contenzione.
È noto a tutti che quando si tratta di malattie linfatiche si fa riferimento a casi di grave entità che se non ben curati possono solo degenerare. Il linfedema, infatti, è una malattia che può anche essere grave, degenerativa e invalidante, e benché il sistema linfatico sia un apparato tra i più importanti del nostro corpo, in quanto rappresenta il nostro sistema immunitario, è poca la ricerca scientifica dedicata a questo settore.
Congressi, come il suddetto a cui ho assistito, diventano fondamentali al fine di confrontarsi e soprattutto trasmettere ad altri medici informazioni utili per un ulteriore istruzione in merito alla malattia.
Da paziente e da malata di linfedema ritengo importante che vi sia questa collaborazione tra medici, generata dall’amore per la scienza, la ricerca e il successo. Perché è a questo successo che ogni malato auspica.
Fiducia, pazienza e costanza: sono le tre variabili necessarie per affrontare con la giusta caparbietà questa malattia. Ma al fine di perseverare in questa strada è necessaria una maggiore conoscenza della malattia da parte del personale medico e flessibilità nell’esaminare quali dei trattamenti finora in uso in Europa hanno realmente ottenuto maggiori risultati e conseguentemente abbandonare del tutto eventuali tecniche svantaggiose.
Per il paziente è fondamentale un supporto medico che lavori direttamente sulla sua malattia e non per la malattia; il medico, infatti, affinché possa comprendere ogni tipo di esigenza del malato può anche affrontare di “propria mano” determinate competenze quali le giuste misure da prendere per il tutore elastocontenitivo, l’eventuale bendaggio multistrato, seguito da un piano di cura su “misura” per il malato e le sue esigenze.
È solo con la dedizione del personale medico alla malattia che il paziente ottiene fiducia in costui, di conseguenza comprende che i risultati possono realizzarsi con pazienza e decide quindi di seguire il trattamento curativo con costanza.
A tal proposito, il congresso in questione si è dimostrato uno strumento interessante per esporre le linee guida fondamentali allo studio della malattia, dalle quali emergono il vivo interesse e la dedizione all’indagine dei disturbi linfatici dello stesso Dr. Corda.
Ma a mio avviso l’interesse per l’informazione sulla malattia deve anche riguardare gli stessi pazienti: è importante infatti comprendere la natura della patologia per affrontarla con più consapevolezza.
Colgo l’occasione per ringraziare il Dr. Corda per avermi concesso l’opportunità di assistere ad un evento di formazione personale di grande importanza e ringrazio tutto il suo Team per la gentilezza, disponibilità e interesse che rivolgono costantemente verso ogni loro paziente.
Irma Carcò