Moneta ha descritto tutte le potenzialità del drenaggio linfatico manuale che non conosce limiti di applicazione (eseguibile in tutti i distretti corporei), personalizzato al singolo paziente (utilizzo di tutte le vie alternative possibili) e che fornisce vero sollievo, quale terapia palliativa, anche nei pazienti terminali.
Ricci ha quindi riportato le linee guida intersocietarie sulla pressoterapia, sottolineandone il ‘ruolo accessorio’ e complementare e l’utilità (alle ‘basse pressioni’ onde evitare danni secondari).
Shingale, il collega tedesco molto attivo nell’ambito della riabilitazione linfologica, ha dimostrato l’utilità della biorisonanza ad onde sonore nel trattamento dei linfedemi primari e secondari, partendo dal concetto (nella sua esperienza ed opinione) che la fibrosi, anche negli stadi clinici avanzati, è rara e che lo stato di gel in cui è immersa la matrice interstiziale, è costituito da proteoglicani (grosse proteine che ristagnano nell’interstizio) che risentono della biorisonanza e vengono, a seguito dell’applicazione di questa, riassorbiti dai vasi linfatici iniziali.
Sappino ha successivamente presentato delle tecniche di bendaggio (con relativi materiali) sia per l’arto inferiore che superiore. E’ stata quindi la volta della terapista Turchi, collaboratrice di Ricci, che ha presentato le differenti applicabilità cliniche della maglia tubolare e della maglia piatta descrivendo una serie di tutori personalizzati per arto superiore e per arto inferiore. Belgrado ha quindi descritto, utilizzando la fluoroscopia, gli effetti delle varie metodiche manuali e meccaniche, ipotizzando il miglior effetto delle manovre manuali, anche se, a suo dire, alcune di queste tradizionali andrebbero modificate per incrementarne l’effetto terapeutico stesso.
Gravina, specializzando del gruppo della Zanetti, ha quindi presentato i risultati dell’analisi vettoriale di bioimpedenzometria nel linfedema dell’arto superiore.
La dottoressa Primon ha quindi illustrato i contenuti del progetto riabilitativo nel paziente con linfedema, ricordando l’importanza dell’intervento multidisciplinare e della piena collaborazione da parte del paziente. La dottoressa Serrani, del gruppo di Ricci, ha quindi esposto i criteri di valutazione della disabilità nel soggetto con linfedema basando le osservazioni sulla Classificazione Internazionale del Funzionamento.
Bartoletti ha quindi enfatizzato il ruolo del fisioterapista nel progetto riabilitativo ricordando come sia molto importante evitare la ‘dipendenza’ del paziente dal terapista e dall’équipe riabilitativa. Il malato deve continuare a svolgere la sua vita normale, curandosi.
Boccardo ha quindi esposto delle novità sulla microchirurgia linfatica: Intervento dopo 6-12 mesi di insuccesso con le terapie convenzionali e Anastomosi termino-terminale linfatico-venosa (e non più termino-laterale) per garantire il gradiente pressorio positivo linfatico-venoso, da eseguire sui vasi venosi prossimali dell’arto (e su vasi collaterali, mai principali) e non su quelli distali nei quali, i regimi pressori sono più elevati.