Quanti di noi stanno esaminando attentamente i contenuti del quesito referendario per cui siamo chiamati a pronunciarci il 4 Dicembre?
Non desidero assolutamente entrare nella questione dal punto di vista ‘politico’, né tantomeno, esprimere giudizi di merito sulla questione ‘risparmio’ in caso di attuazione, o meno. Mi interessa, in questa sede, considerare le conseguenze pratiche che dall’esito della votazione deriveranno nei confronti dei malati e degli operatori sanitari, con particolare riferimento, ovviamente, ai malati di Linfedema, sia primario che secondario.
Per questo non considererò l’abolizione della seconda camera operativa (il Senato), almeno come è intesa ora, o il parziale ridimensionamento dei costi che dalla riforma potranno derivare, ma mi riferirò a quanto ci interessa più da vicino dal punto di vista sanitario.
Nel 2001, con l’approvazione della Legge Costituzionale N°3 il Parlamento diede piena attuazione all’articolo 5 della Costituzione che riconosce le autonomie locali quali ‘Enti esponenziali preesistenti’ alla Formazione della Repubblica. I Comuni, le Città Metropolitane, le Province e le Regioni rappresentano e governano le popolazioni residenti in un determinato territorio e sono tenuti a farsi carico dei loro bisogni. La riforma fu necessaria per dare piena attuazione e copertura costituzionale alla precedente riforma denominata ‘Federalismo a Costituzione invariata’ (Legge N°59/1997). In particolare le Regioni, sulla base di queste innovazioni legiferano, nel rispetto sia dei principi sia delle disposizioni di dettaglio contenute nelle Leggi statali, adattando le stesse alle esigenze locali.
E proprio in quest’ultima affermazione noi ravvisiamo il reale rischio di queste innovazioni, che, troppo spesso, negli ultimi anni si è abbattuto sulla qualità dell’assistenza sanitaria in molte Regioni d’Italia, facendo perno essenzialmente sulle ‘esigenze di cassa’ sempre più pressanti che hanno portato a ‘tagli lineari’, a volte realmente incomprensibili, spesso non condivisibili nelle sanità regionali.
In poche parole le Regioni si sono trovate l’alibi, con questo fatidico Capitolo V, per adottare o meno le direttive centrali dello Stato.
E’ quello che sta accadendo in moltissime circostanze ed in molti settori della vita economica e sociale del nostro Paese; ma è quello che sta accadendo anche per l’assistenza ai malati di Linfedema: esattamente come tante altre volte (come riferitoci informalmente da tecnici del Ministero) anche in occasione della discussione sulle linee di indirizzo sui Linfedemi nella Sede della Conferenza Stato-Regioni, le Regioni stesse si sono riservate (fermo restando l’accoglimento di massima dei principi espressi) di decidere ‘autonomamente’ i regimi assistenziali più opportuni nei singoli casi clinici. Come dire che se si nasce, o meglio si risiede, nella Regione più virtuosa si ha diritto all’assistenza secondo linee guida approvate dalla comunità scientifica internazionale; se, viceversa, si nasce in Regioni con bilanci ‘non brillanti’ o, addirittura ‘in Piano di Rientro’ si ha diritto ad assistenze sanitarie di serie B, o serie C. Abbiamo, oggi, in Italia, grazie (in senso ironico!) al Capitolo V, 20 sistemi sanitari regionali diversi che determinano assistenze disomogenee nei confronti degli stessi malati affetti dalle stesse patologie. Ma vi sembra possibile? Vogliamo tollerare ancora questo? Possiamo discutere su altri argomenti e ‘risparmiare’ su altre tematiche; evitare sprechi, investire meglio in risorse umane e strumentali in ogni settore: in una parole possiamo ‘ottimizzare’ la spesa. Ma non dobbiamo risparmiare sulla salute privando cittadini del soddisfacimento del loro bisogno di salute come sancito dai Livelli Essenziali di Assistenza.
Ho visitato molte persone, anche negli ultimi tempi; cittadini residenti in Regione Sardegna o in Regione Toscana, dove il Linfedema Primario è già da anni considerato come una patologia rara (con tutti i benefici assistenziali che ne derivano per lo sventurato cittadino che ne è affetto); in altre Regioni ancora oggi, la patologia viene ‘odiosamente’ considerata un semplice ‘problema estetico’. Nello stesso Trentino Alto Adige, nella Provincia di Trento i malati di Linfedema godono di piena assistenza; nella Provincia di Bolzano, meno. Tra i vari pazienti, ultimamente, ho visitato proprio un signore residente a Bolzano, di circa 50 anni, che si lamentava di questo aspetto. Gli ho spiegato con pazienza del ‘fatidico’ Capitolo V e lui mi ha ringraziato promettendomi che avrebbe fatto tesoro di quanto appreso e si sarebbe comportato di conseguenza.
Il 4 Dicembre andremo a votare non perché qualcuno ci è simpatico o antipatico; non perché il Governo rimanga in carica o cada, ma per decidere su argomenti molto importanti che ricadranno per decenni sulle nostre spalle (in un senso o nell’altro). E se abbiamo intenzione di ‘abolire’ il ‘fatidico’ Capitolo V che conferisce alle Regioni un potere illimitato nell’autonoma gestione anche dei problemi di Salute del Cittadino/Paziente (spesso sulla base di mere considerazioni economiche, a prescindere) dobbiamo votare SI. Questa volta, senza offesa, chi vota per mantenere il Capitolo V (e barra sulla scheda il NO) veramente ci ricorda il protagonista di quella significativa Commedia dell’autore greco Menandro (IV Secolo avanti Cristo), ripresa poi dall’autore latino Terenzio (II Secolo dopo Cristo) e più recentemente dal Poeta francese Baudelaire, dal titolo: l’Eauton Timoroumenos (parole greche che stanno a significare: il Punitore di Sé Stesso!).
Scusate per le riflessioni troppo ‘esplicite’ e se ho turbato, anche minimamente, le intenzioni o le idee di qualcuno; esorto solo ad entrare concretamente nel merito di ciò che si va a decidere (limitatamente alla nostra ristretta sfera di interesse sanitario) con lo strumento più meraviglioso che un Paese Democratico offre ai suoi cittadini: il diritto di voto.
Un caro saluto
Sandro Michelini
Riporto una replica inviata dal prof. Michelini:
E’ talmente vero (purtroppo!) quello che ho affermato che se il gentile interlocutore usa la cortesia di leggere il testo finale delle Linee di indirizzo, firmato in conferenza Stato Regioni il 15 Settembre, a pagina 9 troverà un unico emendamento richiesto dalle Regioni che invece della frase originale ‘….. si riconoscono i seguenti regimi assistenziali in funzione dello stadio clinico…..’, che è stata ‘depennata’, recita ‘I trattamenti possono essere erogati nei seguenti regimi assistenziali’.
Questo significa avere espresso una chiara ‘riserva’ di decidere AUTONOMAMENTE (e non secondo le indicazioni dei massimi esperti mondiali) il regime assistenziale ritenuto più idoneo (spesso deciso in funzione di ‘esigenze di cassa’).
La verità relativa al capitolo V è solo questa e non ve ne sono altre.
La riprova sta nell’ennesimo stravolgimento ‘discrezionale’ che, stavolta, riguarda proprio la Patologia di cui parliamo.
Per questo la battaglia dell’Associazione da ora si sposterà a livello delle singole Regioni con la speranza che il ‘calvario fisico e morale’ dei pazienti termini in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale; ma la strada è ancora lunga, purtroppo!
Cordiali saluti
Sandro Michelini
mi permetto di dissentire. ciò che Lei ha spiegato è chiaro ma credo fuorviante.l’indipendenza delle Regioni non porta a decidere se adottare o meno una legge di Stato, questo proprio non possono farlo ma in compenso possono decidere di sopperire o legiferare su parti che lo Stato non ha proprio preso in considerazione. In effetti se non fosse così, stante il fatto che il linfedema a tutt’oggi non è riconosciuto dal ministero, neanche i pazienti di quelle fortunate regioni tipo Sardegna o Toscana avrebbero potuto avere le cure che invece la regione ha potuto riconoscere proprio in funzione di quella indipendenza che ancora ha. Diversamente fino a quando il ministero non si esprime e decreta tutti fermi ad aspettare.