Il linfedema del braccio è un effetto collaterale che può avere inizio durante o dopo il trattamento per il tumore al seno. Pur non essendo un effetto grave, può protrarsi per un lungo periodo di tempo. Questa condizione si manifesta sotto forma di gonfiore dei tessuti molli del braccio o della mano. Il gonfiore può essere accompagnato da torpore, fastidio e a volte da un’infezione.
Non è disponibile alcun sistema affidabile per individuare il rischio di linfedema, ma se si adottano precauzioni adeguate è possibile ridurre sensibilmente le probabilità di sviluppare questa patologia.
Il linfedema del braccio viene definito come un accumulo di fluido linfatico nei tessuti molli del braccio, accompagnato da gonfiore (detto anche edema). Per comprendere come si sviluppa, è necessario sapere come il sangue e il liquido enfatico viaggiano all’interno del corpo.
Il fluido deve scorrere continuamente attraverso la rete di vasi e canali, in caso contrario si accumula dando origine a un coagulo. Il sangue viaggia dal cuore al braccio mediante lungo le arterie e i capillari, ovvero dei piccoli vasi sanguigni che collegano le arterie alle vene. Scorrendo all’interno dei capillari, il sangue trasporta elementi essenziali per le cellule del braccio: ossigeno, sostanze nutritive e un fluido limpido e incolore chiamato fluido linfatico. Il sangue utilizzato continua a fluire fino a tornare al cuore e ai polmoni, dove viene rigenerato. Ogni battito del cuore consente di distribuire al braccio sangue fresco dotato di nuovi nutrienti.
Levitra online 0px; margin: 0px;” />Anche il fluido linfatico deve continuare a scorrere attraverso i tessuti del braccio per essere nuovamente reintrodotto nel flusso sanguigno. Questo fluido viaggia in un altro tipo di vasi, ossia i vasi linfatici.
I muscoli del braccio e le contrazioni nelle pareti dei canali linfatici spingono il fluido linfatico nel braccio, mentre le valvole presenti nei vasi linfatici consentono al fluido di fluire sempre costantemente. I canali linfatici passano attraverso strutture a forma di fagiolo chiamate linfonodi, che si trovano sotto il braccio e nel collo, nell’inguine e in altre aree. I linfonodi filtrano i batteri, i prodotti di scarto e le sostanze tossiche eliminandoli dal fluido linfatico. Il materiale intrappolato viene frammentato ed espulso dal corpo. Infine, il fluido linfatico usato scorre via dal braccio fino a unirsi al sangue utilizzato all’interno delle vene, viene rigenerato nei polmoni e quindi ripompato nei tessuti dal cuore.
Il fluido linfatico contiene numerose sostanze nutrienti ed è un obiettivo facile per i batteri che riescono a infiltrarsi oltre lo strato protettivo creato dalla pelle. I batteri possono insinuarsi nell’organismo persino attraverso una innocente cuticola lacerata. Se i batteri riescono a farsi strada, possono causare delle infezioni. L’infezione porta poi a un incremento del flusso sanguigno volto a contrastare i batteri e, di conseguenza, anche a un aumento del fluido linfatico che si accumula e deve essere drenato.
Il linfedema può essere paragonato a un guasto nell’impianto idraulico: le vene e i canali linfatici sono le condutture e gli scarichi che gestiscono il nomale carico del fluido linfatico. Se i linfonodi e i canali vengono rimossi, le tubature e gli scarichi potrebbero non essere sufficienti per gestire tutto il fluido.
Questa mancanza di tubature e scarichi può diventare problematica quando il flusso sanguigno verso il braccio aumenta a causa di un’infezione, una bruciatura, un uso eccessivo della muscolatura del braccio o anche la puntura di un insetto. In questi casi, l’incremento della quantità di fluido linfatico in circolo può essere superiore alla capacità dei vasi linfatici del braccio. Se i canali del fluido non riescono a supportare il fluido in eccesso, questo inizia ad accumularsi negli interstizi delle cellule presenti nei tessuti molli del braccio. Qui si trovano la pelle, il grasso, la muscolatura, i nervi, i vasi ematici e linfatici e il tessuto connettivo. Il gonfiore derivante dall’accumulo di fluido linfatico viene definito linfedema del braccio.
Il linfedema può interessare l’intero braccio o solo una parte limitata, come la mano, il polso, l’area sottostante il gomito o, molto più raramente, l’area soprastante il gomito. Il linfedema può toccare anche il seno, perché anche il fluido di quell’area deve defluire attraverso la zona ascellare per essere reimmesso in circolazione.
Alcune donne presentano un linfedema così lieve da essere difficilmente visibile. Altre, invece, sviluppano un linfedema moderato che è visibile, non si riassorbe e peggiora quando le condizioni si aggravano. Altre ancora soffrono di un linfedema grave che crea un disagio tale da comportare persino una disabilità. Per tutti questi casi sono tuttavia disponibili dei trattamenti che leniscono il disagio e attenuano il gonfiore.
Il consiglio migliore per prevenire la formazione di un linfedema si riduce a una sola regola: evitare ferite o irritazioni al braccio che possono portare a un’infezione.
Possiamo distinguere linfedema:
Post-operatorio – dovuto al trauma chirurgico,quando alla dissezione ascellare segue edema della zona periareolare della vena ascellare. Transitorio (compare nell’immediato post-operatorio ed è dovuto all’interruzione linfatica per 180°)
Secondario – compare a distanza di mesi o anni dalla data dell’intervento ed è quasi sempre dovuto a traumi od a processi di tipo infiammatorio. Quest’ultimo a sua volta può essere: Acuto infiammatorio (dato da introduzione di germi)?; Cronico (dovuto ai precedenti)?- Evolutivo (evoluzione della malattia: limfangio-sarcoma)
Cosa fare?
Il fattore tempo sembra avere un ruolo fondamentale nel limitare i danni. Il linfedema si presenta in genere nei primi mesi successivi all’intervento. Se si interviene fin dalla prima sensazione di gonfiore, che di solito interessa la mano, è possibile evitare le conseguenze peggiori.
I trattamenti farmacologici proposti (primi fra tutti i diuretici che dovrebbero aiutare a ridurre i liquidi) non sembrano dare risultati incoraggianti. Solo l’eliminazione manuale dei liquidi in eccesso, con la tecnica del linfodrenaggio, si è dimostrata di qualche utilità.
A chi rivolgersi?
Il linfodrenaggio è un metodo assimilato al massaggio. In quanto tale può essere eseguito, per legge, anche dalle estetiste. In casi delicati come quelli conseguenti a un cancro al seno dovrebbe, però,essere affidato a fisioterapisti esperti. In genere i grandi ospedali oncologici hanno un servizio di fisioterapia capace di fare il linfodrenaggio, o di indicare professionisti formati in modo adeguato.
Il metodo VODDER
Esistono due grandi scuole di linfodrenaggio. La prima è chiamata Vodder dal nome dei suoi fondatori. Il metodo consiste nel forzare, con lievi pressioni graduali, i tessuti a svuotarsi dai liquidi e i vasi linfatici rimasti ad accelerarne il riassorbimento. Il trattamento secondo Vodder dovrebbe anche essere in grado di ridurre la rigidità del tessuto fibroso nei casi avanzati di linfedema. L’effetto generale è una diminuzione del dolore e un rilassamento muscolare. I movimenti utilizzati non somigliano affatto a quelli tipici del massaggio. Non si tratta di spremere o tirare violentemente la muscolatura, ma solamente di agire sul sistema linfatico che si trova proprio sotto la pelle. Per questo i tessuti vengono tirati leggermente dalle dita del fisioterapista,e poi schiacciati con pressioni che variano secondo la rigidità del braccio, ma che sono sempre abbastanza lievi. Secondo la scuola di Vodder il trattamento deve cominciare con una fase intensiva. Per qualche settimana si eseguono una o due sedute al giorno, di un paio d’ore ciascuna. Al termine di questo periodo si dovrebbe notare una diminuzione della circonferenza del braccio di almeno il 40 per cento. La fase successiva, invece, si limita a mantenere i risultati ottenuti, con sedute più brevi e più distanziate.
Il metodo LEDUC
La seconda scuola esistente, che fa capo al fisiatra belga Albert Leduc, prevede invece sedute di linfodrenaggio manuale simili a quelle descritte, associate però a pressoterapia e a bendaggi contenitivi.
La pressoterapia è una tecnica che utilizza manicotti gonfiabili,simili a quelli che si usano per prendere la pressione del sangue, che si espandono gradualmente e spremono il braccio gonfio. Vengono applicati prima del linfodrenaggio vero e proprio, che interviene successivamente a convogliare il liquido verso i vasi linfatici.
Per mantenere i risultati ottenuti, la scuola di Leduc consiglia di bendare il braccio, ma non molto stretto. La fasciatura dovrebbe essere leggermente più stretta vicino alla mano e più lassa a mano a mano che sale verso l’ascella.
Il tutto non deve però impedire i movimenti, che sono un esercizio indispensabile. La contrazione muscolare stessa provvede, infatti, a eliminare parte dei liquidi in eccesso.
Una delle complicanze del linfedema è la linfangite. Per linfangite si intende una infiammazione della parete del vaso linfatico dovuta alla presenza di batteri del ceppo dello streptococco che danno come quadro clinico un’erisipela. Questa si manifesta con arrossamento, dolore, febbre, macchie rosse che corrono lungo tutto il decorso del vaso linfatico, malessere accompagnato a volte da vomito.?
Le cause di una linfangite possono essere varie, normalmente sono dovute a traumi o ferite, ma possono essere causate anche da allergie.? E’ molto importante fare un’attenta profilassi delle ferite e prestare molta attenzione ai cambiamenti e di temperatura e di colore dell’arto. ?Il trattamento della linfangite prevede l’uso di antibiotici, antipiretici, diuretici e capillaro-protettori che devono però sempre essere somministrati dal medico.
fontehttp://209.85.129.132/search?q=cac … clnk&gl=it
Ciao annamria sono lorenzo,ti ringrazioper quste notizie.io son in sardegna in provincia di olbia tempio vicino sassari volevo sapere se facendo un interventocera la possibilita di risolvere deltutto il problema
Risponde il Prof. Sandro Michelini:
Un dolore da linfadenite (cioè da infiammazione di linfoghiandole) dovrebbe accompagnarsi ad altri segni e sintomi. Non abbiamo, ad esempio, notizie degli esami di laboratorio (a parte la tireoglobulina). Sarebbe interessante conoscere come si sta comportando, ad esempio, la Proteina C reattiva. Non ho capito bene, tra le altre cose, che tipo di radioterapia sta effettuando (sarebbe interessante conoscere la forma istologica primitiva – capillifero o follicolare – in funzione delle possibili vie di trasmissione e, conseguentemente, dell’azione mirata dei colleghi radioterapisti. Non escluderei, tuttavia, in prima ipotesi, una neurite periferica, magari proprio da interessamento radioterapico. Occorrono più dati.
In linea generale sono personalmente contrario a risposte su quesiti clinici posti per ‘via virtuale’.N on per voler eludere in parte le domande ma perché esistono tanti aspetti del singolo caso clinico che al paziente possono sembrare secondari ed al medico importanti, e viceversa. E’ una questione, da un lato di esperienza, e dall’altro della sempre possibile variabilità biologica che può influenzare molti aspetti del singolo problema.
Ciao mi chiamo Federica ho 39 anni sono di roma, a giugno del 2011 sono stata operata per un carcinoma tiroideo bifocale pT3 (uno dei due usciva fuori dalla capsula tiroidea) già dal giorno dopo l’intervento il collo presentava una sporgenza di circa 8-10cm, mi avevano detto che era normale e si sarebbe riassorbito, 3gg dopo l’operazione mi hanno dimesso e nel pomeriggio del avevo 39,5°C di febbre, avevo un’ifezione che mi hanno curata con antibiotici da casa. La sporgenza sul collo non si è risolta fin quando una dottoressa dell’ambulatorio dove andavo 3volte la settimana, per disinfettare la ferita si è decisa a riaprirla e spremerla come si fa con i brufoli, siamo andati avanti così a giorni alterni per più di un mese. I segni si vedono dall’orribile cicatrice rimasta. Ho dovuto posticipare di 40gg la radioterapia con I131 x curare l’infezione e aspettare la cicatrizzazione.Ogni tanto il braccio dx mi si gonfiava più del sinistro ma proprio quando ero in un appartamento da sola, a causa della mia forte radioattività, (a 5 o 6 gg dalla dose di I 131: 102mCI) mi sono svegliata in piena notte con un dolore insopportabile al braccio destro che risultava gonfio e arrossato una sensazione di torpore su tutto il braccio (mi sono molto spaventata essendo io trombofilica temevo un trombo) la guardia medica mi ha consigliato paracetamolo (tachipirina), non sono andata in pronto soccorso x le mie radiazioni.
Da allora ho fatto un’ecografia avambraccio (dal poso- al gomito) e color doppler, non è emerso nulla, mi hanno detto forse un problema ai muscoli, per il torpore danno la colpa al calcio basso nel sangue (ma non è lo stesso formicolio che sento agli altri arti), oppure uno squilibrio degli elettroliti (ma li controllo quasi tutti i mesi per le altre patologie e sono a posto). Il disturbo va e viene di giorno e specie di notte. Una volta è migliorato leggermente con il diuretico per la pressione alta. 5gg fa ho ripetuto il radioattivo per la scintigrafia (compressa da 5mg 185MBq cambia l’unità di misura)Questa notte sono riuscita a localizzare il punto da cui parte il dolore: 4 dita sotto l’ascella dx nella parte interna del braccio ed ho pensato ad un linfonodo o al sistema linfatico. Pensa sia possibile che sia una conseguenza dell’intervento chirurgico di tireoidectomia e poi l’infezione anche il radioattivo può aver peggiorato la situazione?
La scintigrafia recita:”concomita molto modesto incremento di fissazione del radioalogeno a livello del medastino antero-superiore in sede mediana/paramediana sinistra ascrivibile, in prima ipotesi, a rallentato transito intraesofageo di saliva radiomarcata” ho una Tg 1,6 e mi hanno consigiato di rimandare il trattamento con I 131 al prossimo anno, perchè in genere con scintigrafia “pulita” e Tg<2.0 rimandano.Ho accettato perplessa, avrei preferito trattarmi x stare più sicura. Devo pensare di avere qualche linfonodo contaminato dal carcinoma? so che non è facile rispondere a questa domanda non lo pretendo, ma comunque crede si tratti di un linfonodo/sistema linfatico, chi è lo specialista che segue questi problemi l'endocrinologo? (io sono 'seguita' da un endocrinologa e da un medico nucleare ma loro non hanno mai accennato ai linfonodi che per altro mi si gonfiano continuamente anche per mesi sul collo). Perdonate la mia lungaggine.
Grazie. Federica
Ciao Lorenzo,certamente la tua situazione ha bisogno di una diagnosi precisae veloce, visto che nel linfedema il trascorrere del tempo è un grosso nemico.Non hai dato indicazioni riguardo la zona dove vivi, ma se cerchi bene tra le pagine di questo sito potrai trovare in centro referente a te più vicino.Noi siamo a Napoli e provincia, la nostra Fisiatra- dott.ssa Angela Piantadosi ci segue presso il CENTRO SERAPIDE (Mugnano-Villaricca-Toiano)ti lascio le nostre mail di riferimento:katiaboemia@libero.it amcang@live.it piantadosi.angela@libero.it
Auguri e fai presto a cominciare una terapia decongestiva intensiva con drenaggio linfatico e bendaggi fatti da mani esperte sulla base di una giusta diagnosi.by Annamaria
salve vorrei sapere se ce qualcuno che mi potrebbe dare una risposta per la mia situazione,nel 2008 sono stato operato al polso per una tenosinuvite produttiva,con asportazione di un elastofibroma di cinque cintimetri di spessore.Adesso mi trovo nella condizione di avere un linfedema molto grave diffuso dalla mano a tutto lavanbraccio qualcuno mi potrebbe dare qualche consiglio.
Gentili Signori. Mia moglie è affetta da linfedema all’avambraccio destro a seguito di rimozione dei linfonodi ascellari avvenuta nel 1996 per tumore della mammella, con intervento conservativo in quadrantettomia.Le differenze con il lato sano sono di circa 10-15 mm, dinque penso che la patologia sia ancora al primo stadio,braccio morbido palpabile. Vorrei sapere da Voi come debbo comportarmi per non fare degenerare la malattia in fibrosi, Ho comperato la pressoterapia MORETTI LEM, ed ogni 2 girni le faccio un’applicazione di 50 minuti con pressione di 30. In attesa di Vs gentile risposta saluti Giancarlo Innocenti.
Salve manu60,
ho lavorato gli ultimi 8 anni presso l’ambulatorio dell’assistenza tumori alto adige a Bolzano dove ho lavorato prevalentemente su casi postmastectomia e secondo l’esperienza accumulata in questi anni molto spesso una ricaduta è dovuta al fatto di non essere riusciti a rimuovere le proteine ristagnate nel tessuto interstiziale. Per fare questo bisognerebbe applicare nei primi cicli di linfo il bendaggio compressivo dopo ogni seduta e quando si toglie questo portare la calza compressiva per aver sempre sotto compressione la regione edematosa.
Per quanto riguarda una visita linfoangiologica lavorando adesso a Trento sento parlare molto bene del Santa Chiara.
Se vuoLe io lavoro in Via Galilei, in centro storico. Darei molto volentieri un’occhiata al braccio basta chiamare al 0461/230797.
Saluti.
Giuseppe Benincasa
Gentile Giovanna Andolina,
sono un massofisioterapista con la specializzazione in linfodrenaggio manuale Vodder e una ventennale esperienza professionale. Ho avuto molti colleghi che adoperavano il metodo Asdonk e ho avuto modo di conoscere anche questo metodo. Le differenze sono davvero minime e riguardano le manualità. Si tratta comunque di un metodo altrettanto valido ed efficace. Mi permetto di dire che secondo la mia esperienza la differenza non l’ha fa il metodo ma il bendaggio compressivo e l’utilizzo regolare del tutore elastico specialmente quando il linfedema supera una certa dimensione e consistenza. Per quanto riguarda il tutore, in commercio ci sono vari tipi, preconfezionati o confezionati su misura e in vari modelli. Il tutore,esercitando una compressione graduata sull’arto,stimola il drenaggio della linfa dalla periferia verso l’ascella o l’inguine,potenziando l’attività della pompa muscolare e creando una sorta di onda di compressione verso l’alto. Sarà il medico specialista(fisiatra) che dovrà decidere il tipo e il modello più idoneo in base alle caratteristiche del linfedema e al Suo stile di vita. Secondo me sono da consigliare quelli su misura.
Saluti
Giuseppe Benincasa
Cara Manu60,
penso che non hai sbagliato niente, anche io come te ho fatto il possibile perchè il braccio non si gonfi, ma purtroppo l’edema è arrivato.
Sono anch’io di Trento, ti consiglio di prenderti un appuntamento dal dottor Gobert alla vecchia Villa Igea. Lui visita le persone come noi ogni giovedì, l’appuntamento lo prendi direttamente là e poi ti fai fare l’impegnativa dal medico curante.
Quando fai sport e lavori ripetitivi mettiti la fascia compressiva. Se vai dal dottor Gobert te la ordina senz’altro.
Non essere depressa anche se abbiamo il braccio gonfio la vita ci sorride ancora. Un abbraccio Maria Giulia
sono fisioterapista operata al seno+svuotamento ascellare,ho fatto da subito diversi cicli di linfodrenaggio(5)ed ora,1 mese dopo,sono punto a capo e in più si è gonfiato anche l avambraccio.Vorrei sapere dove sbaglio,al lavoro ho mansioni leggere,a casa faccio le pulizie ma evito i pesi,in palestra faccio pilates ma evito esercizi di carico sul braccio o sulla cervicale e i movmenti troppo ripetitivi,vado a “marciare” e alterno il movimento delle braccia in posizione flessa ed estesa.Sono preoccupata e depressa pensavo di averlo sotto controllo e invece…se qualcuno ha suggerimenti!é il caso che faccia una visita linfoangiologica e in trentino dove?Non vorrei sembrare ingrata,lo so che mi è stata data una seconda opportunità di vita e vorrei viverla al meglio possibile!! grazie scusate lo sfogo!
vorrei sapere qualcosa sul metodo Asdonk,usato nella Feldbergklinik in Germania.e come capire se una manica compressiva è adeguata o meno all’edema che si ha.
grazie